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mercoledì 17 novembre 2010

Aste al ribasso dov'è il trucco?

Aste al ribasso dov'è il trucco? Ci si può aggiudicare case a meno di 600 euro, Porsche a 200. Cellulari o console per videogiochi con pochi centesimi. Almeno in teoria… Si chiamano aste al ribasso e sono l’ultima mania on line per fare “l’affare del secolo”. Il vantaggio sta negli oggetti che teoricamente uno riesce a portarsi  via con poco. E dov’è l’inghippo? Nel sistema di acquisto, che è complesso e molto più simile a una vincita con rischio che a una compravendita comune. Perché una cosa deve essere chiara da subito: in un’asta normale se punti ma non ti aggiudichi il bene, non paghi nulla. In un’asta al ribasso, paghi per ogni offerta che fai, anche quando resti a bocca asciutta. E il banco vince sempre. Il meccanismo è sottile e indubbiamente sul filo della liceità. Vince l’offerta unica più bassa. In altri termini, si aggiudica l’oggetto il concorrente che allo scadere dell’asta ha offerto la quantità più esigua di denaro ed è l’unico ad aver offerto proprio quella cifra, espressa in centesimi. Dov’è l’elemento di incertezza? Nessuno sa cosa hanno offerto gli altri. Si offre alla cieca, in altre parole. E per offrire alla cieca si paga una specie di fiche che di solito i gestori chiamano “pacchetto informazioni” e vendono a due euro. A ogni puntata è richiesto un esborso di due euro prelevati da un conto prepagato on line attraverso una carta di credito. Grazie a questa spesa apparentemente minima, il concorrente, dopo aver puntato, viene informato della posizione della sua offerta: bassa ma non unica, unica ma non bassa, unica e bassa. Stop. Poiché le puntate sono in centesimi e in un euro trovano posto 100 centesimi, questo significa che già considerando i primi 100 euro del valore di un qualunque bene, possono convivere teoricamente 10mila puntate differenti e chi gioca non sa su quale specifico centesimo abbiano puntato gli altri concorrenti. Quindi scattano le strategie e gli investimenti, perché si possono fare più puntate contemporaneamente o stabilire addirittura un range all’interno del quale fare un’offerta per ciascun centesimo, sperando di beccare la cifra unica e più bassa. Ma non bisogna mai dimenticare che quei famosi due euro vanno moltiplicati per ogni singola offerta basata su un centesimo. Perciò puntare su un importo tra uno e cinque euro per tentare di portarsi a casa un telefonino, significa puntare sui 501 differenti centesimi contenuti in quell’intervallo e di fatto spendere già a priori 1.002 euro senza avere alcuna garanzia di accaparramento del bene in palio. Se poi, restando nel medesimo esempio, si vince con la cifra di un euro e otto centesimi, il sito sbandiererà che  “Tizio ha comprato un telefonino a un euro e otto centesimi”, senza citare naturalmente i 1.002 euro spesi per acquistare i pacchetti informativi. Sul versante opposto, quello del “banco”, ipotizzando 100 concorrenti per ogni asta e una media di cinque puntate per concorrente, l’incasso sarà di 1.000 euro, contro il valore di un oggetto che, nel caso di un telefonino o un videogame, è magari ben inferiore. Naturalmente più i beni in palio sono costosi, più l’asta è lunga, più sono i concorrenti, più puntate fanno e più il sito incassa. Altro che mille euro.

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